Mentre tutto il mondo (me compreso) si preoccupava dei nuovi algoritmi di Google, negli USA altre notizie cambiano il mondo del content marketing. Secondo i dati divulgati settimana scorsa da ComScore e riportati da BGR via Search Engine Land infatti, Bing, il motore di ricerca di Microsoft, ha raggiunto la ragguardevole quota di mercato del 20%. In altre parole, un quinto delle ricerche negli Stati Uniti è fatta con il motore di ricerca Made in Microsoft, che di sicuro ha tratto giovamento dalla recente partnership con Yahoo!.
Volendo fare un po’ di sano onanismo statistico, secondo i dati riportati Google ha circa il 64% del mercato, Bing il 20 e Yahoo!, che usa gli strumenti di Bing, quasi il 13%. Questo significa che Bing controlla circa la metà delle ricerche rispetto a Google, e quasi un terzo del totale. Questo almeno stando ai dati di ComScore. Secondo altre fonti, per esempio un articolo di Forbes di gennaio, la cosa non è così significativa, perché è dovuta anche in parte al cambio di motore di ricerca predefinito nel browser Firefox in seguito a nuovi accordi. C’è da dire che l’articolo non è così recente, e anche dopo questa data i numeri di Bing hanno continuato a crescere. L’altro dato che i “conservatori” contestano è che si riferisce solo alle ricerche desktop, mentre sappiamo che questi numeri cambiano se includiamo il mercato mobile.
Il punto è: come queste notizie, o opinioni, possono influenzare il content marketing?
La risposta è semplice: negare che oggi nella creazione di contenuti di qualità rientrino anche i parametri del SEO significherebbe nascondere la testa sotto la sabbia. Passiamo nel campo delle opinioni: la mia convinzione, semplificando fino ai minimi termini, è che le discipline SEO siano poco più di un trick. In fondo si tratta di un reverse engeneering, basato su dati anche piuttosto aleatori, il cui scopo ultimo è interagire meglio con un meccanismo il cui funzionamento è ignoto. Il che significa più o meno cercare di capire come funziona un computer percuotendolo con un femore.
Gli zeloti del SEO lavorano sul nuovo algoritmo di Google
Si, lo so. La realtà è più complessa e qualche base analitica c’è. Ma il mondo delle scienze esatte, come la meccanica o la fisica tradizionale, è un’altra cosa. Allora il punto è questo: se cambia il mercato, anche le regole del SEO, e quindi in parte quelle del content marketing, devono cambiare. Perché già ottimizzare i soli testi per un singolo motore di ricerca è impervio, e ottimizzare tutti i contenuti per più motori è molto, molto più complesso. Certo, i dati sono riferiti solo agli Stati Uniti, solo alle ricerche desktop, e così via. Ma la storia ci insegna che sottovalutare questi segnali non è mai una buona scelta. E, fatte le dovute proporzioni, già oggi ignorare il peso di Bing nella progettazione e gestione dei contenuti significa giocarsi una discreta fetta di mercato.
La soluzione? Prima di tutto, la mia opinione: basare tutto sul solo SEO è, con buona pace degli zeloti di cui sopra, una scelta miope. La transizione verso un content marketing più strutturato è già iniziata. Oggi essere bravi a combinare le parole nell’ordine che piace a Google non basta più.
Bisogna pensare anche a Bing e Yahoo!.
Allora, perché non semplificare le cose e tornare a pensare agli esseri umani? La creazione di contenuti di qualità attraverso un content marketing intelligente è una delle possibili risposte.
E, peraltro, funziona perfettamente da sempre.