Tutti parlano di bitcoin: al di la delle speculazioni, è un argomento affascinante. (warning: cyberpunk inside!)
Ok, ammettiamolo: per chiunque non sia atterrato ieri da marte, criptovalute in generale e bitcoin in particolare ci sono letteralmente scoppiati in faccia. Ora, se io fossi furbo, preparerei un bell’articolo in cui racconto come si guadagna con i bitcoin, come si usano, come funzionano i wallet per le criptovalute e così via. Ma non qui. Prima di tutto perché l’ho già fatto altrove, parlando di dove pagare in bitcoin in Italia, e poi perchè, brava gente, prima di tutto non sono mai stato furbo, e infine questo è il mio blog e non si parla di cyberpunk da troppo.
Il legame fra bitcoin e cyberpunk è più profondo di quanto sia evidente
Ok, eliminiamo subito la parte facile: si, le criptovalute nascono, esistono (e terminano la loro esistenza) interamente in bit, e questo, per chi ha iniziato a parlare di Cyberpunk con il film whitewhashed di Ghost in the Shell o con il remake di Blade Runner, potrebbe essere sufficiente. Ma non per chi, ridendo e scherzando, nel ‘96 era già entrato e uscito dallo sprawl più volte. Intendiamoci, tutto contribuisce alla causa, per cui ben venga anche chi si avvicina alla cultura cyberpunk grazie al binomio inverosimilmente superficiale “Cyberpunk = tecnologia”, sperando che poi abbia modo di approfondire.
Quello che penso, tuttavia, è che il legame sia molto più profondo, e decisamente più stretto di così. Per spiegarlo, però, dobbiamo tornare alle basi.
Cosa contraddistingue la cultura Cyberpunk?
Molti associano la cultura Cyberpunk al binomio hight tech, low life, il che è, per sommi capi, corretto, e riassunto nella definizione stessa: Cyber- (high tech) e -punk (low life). Ma prima di annoiare tutti compreso me stesso, elaboro. Le verità è che la filosofia cyberpunk contiene molto di più. Prima di tutto, come tutte le culture -punk nate fra gli anni ‘70 e ‘80, è una celebrazione dell’individualità, rappresenta la lotta del singolo contro un mondo che lo vuole standardizzato, uniformato, inquadrato. Underdog contro corporazioni, low tech, hacker, e così via, per capirsi.
L’importante è che il singolo, o il gruppo di rivoluzionari, grazie al proprio talento, alla rabbia, e alla volontà di combattere uno status quo che lo vuole soffocare, ottiene il proprio riscatto.
La tecnologia diventa uno strumento di libertà, di rivoluzione. Abbatte torri dorate, avvia una rivoluzione dove non ci sono ghigliottine o giustizie di piazza, ma dati rubati, potere sottratto e benessere ridistribuito. Ti permette di studiare a prescindere dai tuoi mezzi economici, ti da un lavoro, ti mette un tetto sulla testa, ti fa trovare Chomba come te. In alcuni casi, fino a mettere su un gruppo di nerd che, con computer, cervello e competenze tecniche, mette in scacco una nazione, o il mondo intero.
Il futuro è imploso nel presente.
Troppo lontano dai bitcoin? Tutto il contrario. Questa storia è molto vicina ai bitcoin. Perché, quel gruppo di nerd, invece di trovarsi in un seminterrato a consumare troppa caffeina, nel mondo reale mina bitcoin, progetta blockchain, crea intelligenze artificiali che fanno trading sulla valuta meglio degli esseri umani e, soprattutto, ha reinventato il denaro attraverso le criptovalute.
Bitcoin, dai bassifondi ai grattacieli. E ritorno?
Pensiamoci: uno strumento come bitcoin, nato come moneta indipendente e scollegata dalle diverse sovranità nazionali ed economiche, considerata per molto tempo una sorta di moneta “clandestina” accessibile solo a chi avesse abbastanza conoscenza e competenze, oggi fa il suo ingresso dalla porta principale nel mondo della finanza. I corporativi in giacca e cravatta possono fare finta di nulla, ma brava gente, ricordiamoci che Silk Road ha chiuso poco più di tre anni fa, e gli stessi giornali generalisti che oggi, non comprendendo il fenomeno come loro solito, parlano a sproposito di bitcoin come una sorta di moneta miracolosa che si moltiplica da sola, tre anni fa ne parlavano come di uno strumento inventato e usato da delinquenti.
Oggi, l’economia tradizionale rincorre i bitcoin e le criptovalute, senza capirle fino in fondo, rimuginando sul fatto che non è stata in grado di arrivare in tempo e fare cassa, e in estrema sintesi, comprando la valuta da quel gruppo di nerd che si è fatto furbo e ha sostituito i portatili con gli adesivi e le felpe con il cappuccio con gli ASICs e i cluster per minare, i servizi di wallett e così via. Più riscatto di così si muore.
Ma non è finita. Perché, in fondo, l’anima delle criptovalute risiede nelle blockchain. E le radici delle blockchain sono profondamente affondate nella parte più -punk della tecnologia, dalla progettazione all’implementazione, fino alla potenza di calcolo.
I punk hanno venduto alla finanza, alle corporazioni, un collare che queste ultime non vedono l’ora di mettersi. E, ovviamente, prima o poi qualcuno inizierà a strattonarlo.
Pensate le risate se, dopo avere incassato, un gruppo abbastanza consistente dei miner più potenti dovesse decidere di ritirare i propri nodi dalle reti delle diverse blockchain.
So long and thanks for all the fish.
Altro che lunedì nero del 1987.
E buon divertimento a chi, quella mattina, avrà un consiglio d’amministrazione da affrontare.
Noi, o meglio quelli di noi che sono stati abbastanza furbi qualche anno fa, saranno su una spiaggia a godersi i soldi di qualche economista frescone.