Troppo spesso chi fa consulenza digitale dimentica di costruire dalle basi. In una recente lezione ho provato a dare una lettura diversa.
Il mondo delle consulenze è interessante sotto molti punti di vista. Uno degli aspetti che ho sempre preferito è l’opportunità di conoscere realtà diverse, esigenze diverse e nuove sfide. Se c’è una cosa che ho imparato in quasi vent’anni di consulenza strategica, digitale soprattutto, è che questo settore ha un difetto strutturale. Manca, da parte dei committenti, la percezione della consistenza del nostro lavoro.
Alzi la mano chi, da consulente digitale, non ha avuto spessissimo l’impressione che il suo lavoro venisse considerato, nella migliore delle ipotesi, un male necessario. Oppure direttamente qualcosa di inutile ma che deve essere fatto “perché lo fanno tutti”. Naturalmente qui parliamo delle aziende esterne al settore digitale e informatico quelle cioè in cui la consulenza digitale, al contrario, dovrebbe essere preziosa.
Consulenza strategica digitale? Sì, ma non dimentichiamoci le basi
Invece, troppo spesso, un consulente digitale si trova seduto a un tavolo in cui le prime parole che si sentono pronunciare sono “Abbiamo già provato, ma non ha funzionato“. Potrei, e potremmo, disquisire delle ragioni di questo fenomeno per giorni, ma non troveremmo una soluzione. Nei miei anni di esperienza, tuttavia, mi sono accorto che alcune ragioni sono in comune quasi a tutti. Ho cercato di sintetizzarle in modo più pragmatico possibile.
Questione di pratica
Spesso non viene spiegata la differenza fra una consulenza strategica e l’implementazione operativa della stessa. E per qualche curioso motivo tutto italiano, sembra che parlare del “chi fa cosa” sia una sorta di tabù. Quindi, il consulente digitale si siede al tavolo convinto che il suo lavoro finisca quando avrà delineato una strategia per il cliente. Il cliente dal canto suo non è interessato alla strategia, ma cerca qualcuno che si occupi degli aspetti pratici. E questo crea i primi fraintendimenti.
Troppe cose per scontate
Spesso i consulenti, in particolare quelli che provengono da un certo tipo di formazione o da alcune scuole di pensiero, puntano molto in alto. Si parla di CRM, di inbound marketing, di multicanalità, e tutto sembra bellissimo. Salvo poi scoprire troppo tardi che il cliente non ha gli account di posta elettronica configurati correttamente, oppure che il target del cliente fa uso marginale di strumenti tecnologici.
Insomma, si da per scontato un livello di partenza che spesso non corrisponde alla realtà.
La prima regola della consulenza strategica digitale è conoscere
Conoscere il cliente, conoscere alla perfezione l’ecosistema in cui si muove e la realtà aziendale. In un mondo perfetto, fare consulenza senza aver passato almeno qualche giorno nelle sedi del cliente dovrebbe essere vietato per legge.
Troppi infatti (ma questo è un problema condiviso con praticamente ogni settore ormai) offrono soluzioni preconfezionate, spesso basate su un’idea astratta della realtà che qualunque titolare d’azienda sa essere falsa. Peraltro, senza occuparsi o preoccuparsi dei reali problemi.
Ecco come è nato l’approccio Simple Things First
L’idea è semplice: ridare la giusta priorità ai reali problemi: “non si costruisce una casa a partire dal tetto“. Insomma, insegnare che fare il punto sulla situazione iniziale e avere ben chiare fin da subito le necessità di base (digitali in questo caso) di un’azienda è il primo, fondamentale passo di qualsiasi strategia digitale. Questo è l’unico modo per ridare consistenza al nostro lavoro.
Una specie di “abbassamento di livello”? Tutt’altro: facciamo un salto nella storia. I generali e i conquistatori migliori, così come i manager e gli imprenditori più grandi sono sempre stati quelli capaci di dare una forte connotazione pratica al loro operato, e avere un’attenzione maniacale per i dettagli.
Insomma, l’idea di base è semplice quanto l’approccio stesso: non si può avviare alcuna strategia, se mancano le basi.
Le slide della lezione Simple Things First
Eccole di seguito. La presentazione si può vedere anche su Google Drive; è a disposizione di tutti, purché mi riconosciate il credito del lavoro originale e indicate eventuali modifiche. Buona lettura!
Cover Photo by Glen Carrie on Unsplash