Spesso il caso, o il destino, per chi ci crede, è più bravo di noi a fare i nostri interessi. Così, capita che in una domenica pomeriggio fra le più pigre degli ultimi mesi, senza sapere bene cosa fare, mi trovo a riaprire il buon vecchio slashdot dopo mesi. Fra le notizie, molte delle quali in apparenza sempre più lontane dal mio mondo, me ne salta agli occhi una.
Apparentemente, uno dei tanti tentativi di rilancio, più o meno riusciti, basati sull’effetto nostalgia. Ma il vecchio cane dello Sprawl che dorme in fondo ai miei ricordi, legge il paragrafo sotto e le parole hyperculture e interactive mutational forms lo mettono in allarme come il campanello di quel certo Pavlov. Così mi faccio un giro sul sito di Mondo 2000 e scopro con gioia che non ho completamente perso l’occhio.
Mondo 2000 sembra uscito da una capsula del tempo
A partire dallo stile della cover fino al taglio editoriale, tutto traspira Cyperpunk nel senso più stretto possibile: le immagini, gli articoli, il taglio stesso della rivista. Un passaggio, giusto per gradire:
Well, just think about the people who chat or email or Skype or even phone with everyday. I know I have friends who – honestly – could easily be clever software and, what’s more important, I wouldn’t mind if they were.
Roba forte, interessante, provocatoria: opinioni di intelligenze disuguali, che sembrano essersi riaggregate vent’anni dopo il periodo in cui il Cyberpunk era sulla bocca di tutti. Distante anni luce dalle puttanate “che fanno impazzire il Web“[cit], dai Selfie, dagli influencer e dalle star dei social. Insomma distante anni luce dall’inferno in cui avere sbagliato con Internet tutto quello che si poteva sbagliare ci ha relegato. Oltretutto Mondo 2000 aveva questo taglio nel 1989, quindi rispetto alla timeline “canonica” del Cyberpunk era avanguardia purissima.
Per mia sfortuna non conoscevo Mondo 2000: all’inizio degli anni ’90 non era così facile arrivare a conoscere tutto delle proprie passioni, specie se eri un ragazzino di provincia il cui intero mondo poteva stare sulla punta di uno spillo. Eppure leggerlo è stato quasi come rileggerlo: dal taglio linguistico, alle sensazioni, agli argomenti trattati, tutto ha quell’aspetto metallico, lucido, psichedelico, artificiale e nel contempo oscuro, sporco e organico che leggevamo, per esempio sulla nostrana Cyborg (a proposito, qualcuno la fuori la leggeva?). Quindi, sono arrivato a una conclusione. Il Cyberpunk è prossimo a una rinascita.
Perché se purtroppo il futuro non è imploso nel presente come molti di noi speravano, i segnali ci sono tutti. Le Over The Top di fatto si stanno comportando come le corporazioni, la tecnologia è sempre più e sempre più contemporaneamente strumento di aggregazione e di divisione, di riscatto sociale ed economico e di creazione di nuove forme di povertà. Per ogni Jeff Bezos o Mark Zuckerberg che dal nulla costruiscono un impero, abbiamo migliaia di tecnoschiavi il cui lavoro è ingabbiato in tempo massimo di confezionamento o parole minime giornaliere. Il che, se la storia è maestra, non è mai un buon presagio.
In tutto questo, è ineluttabile che lo spirito del tempo riscopra l’inquietudine che noi, pionieri della Rete e della tecnologia, avevamo già fatta nostra. Possiamo leggere diversi segnali, dal mainstream più esasperato come Black Mirror o Person of Interest, fino alle produzioni più indipendenti, come il romanzo Fino alla fine della Rete. Alcuni gruppi, per esempio uno incredibilimente attivo su Google Plus (cosa c’è di più Cyberpunk di scegliere un media cadetto per le proprie scorribande in Rete?) parla di Frontiera digitale.
Frontiera digitale. Non perdere mai il desiderio di spostare la linea più lontano dal punto di partenza. Esplorare, conoscere. E affilare la propria conoscenza come un’arma, da usare contro un mondo che, proprio come i bassifondi dei libri che abbiamo letto, di sicuro non ci farà sconti. Una lezione che conosciamo intimamente da quei primi anni ’90 ma che in qualche modo abbiamo preferito accantonare.
“Vivi sempre sul filo del rasoio”
Forse, la lezione che tutti dovremmo imparare dalla rinascita di Mondo 2000 è proprio questa. Il limite è prima di tutto dentro di noi. Abbiamo accettato che la Rete venisse occupata poco a poco, lasciandoci relegare come i nativi americani dai coloni. Abbiamo lasciato che questo enorme patrimonio venisse smembrato e venduto un clickbait alla volta. Abbiamo scelto di non scegliere. Ma di tanto in tanto il richiamo di un mondo migliore o forse peggiore, ma sicuramente non così uniforme e anonimo, si fa ancora sentire, tipicamente fra l’indifferenza generale. Eppure, sotto il pantano, molto ribolle ancora. Arriveremo pronti o ci lasceremo sfuggire anche questa occasione?